Ale Garofalo: The Giant Trees
[NdA: questo articolo era stato pubblicato in un altro blog a maggio 2011. Dato che Ale Garofalo sta lavorando ad un nuovo album, la cui data di uscita non è ancora stata annunciata, lo ripropongo volentieri qui]
In un precedente articolo di questo blog, avevo già annunciato il CD The Giant Trees di Ale Garofalo, mio amico e valente compositore e musicista che vive negli Stati Uniti.
Essendo nel frattempo uscito il disco, sono in grado di presentare una mia personale recensione brano per brano, redatta durante l’ascolto e dunque fortemente influenzata dalle emozioni dell’ascolto stesso.
Così come è giusto che sia, quando parliamo di musica di un certo tipo.
1. The Giant Trees
Brano strumentale, carico di atmosfera. L’inizio lento rappresenta in maniera straordinariamente efficace l’ingresso nella “foresta dei giganti”, cioè il Sequoia National Park che ha costituito la fonte di ispirazione di Ale per questo disco: un ingresso rispettoso, carico di soggezione di fronte alla maestosità degli alberi, testimoni degli eventi storici lungo i secoli e metafora per rappresentare i grandi personaggi della storia.
La soggezione iniziale esplode poi in ammirazione espressa, tramite l’assolo di chitarra di Michael Dowdle.
Eccellente inizio per un concept album di spessore.
2. These Are My Days
Brano cantato da Ale – che suona anche tutti gli strumenti, come nella maggior parte delle tracce del disco.
Questa canzone è un inno ai tempi passati ed ai suoi protagonisti, riletti in una chiave idealizzata:
“Sometimes I feel so sad ’cause of the evil I see imbued in the world, and the I just desire:
To have had my own days, in times of my forefathers.
Back then more men were firm, steadfast and unmoving,
Slower in allowing to be dragged into evil (…)
L’abbinamento voce + piano, unitamente al testo, impregna il brano di malinconia ma non manca il finale di ottimismo:
Today is the time to strive and to seize the day.
You must look beyond. There is no need to cry ’cause today you can shine”
Molto bella la voce di Ale in questo pezzo che considero una delle “gemme” dell’album.
Qualche considerazione sul calcio
Mi accosto all’argomento calcio con qualche apprensione. E’ molto difficile parlarne senza incappare nelle esagerazioni tipiche dei tifosi, quelli che proprio non riescono a discuterne rinunciando alla cartina tornasole del proprio tifo che tutto testa e filtra acriticamente (avrei potuto scrivere più facilmente a proposito di “fette di salame sugli occhi” ma a volte amo essere complicato).
Invece la mia intenzione è di esporre alcune mie considerazioni che prescindono del tutto dal tifo per una o l’altra squadra; quantomeno ci proverò.
Per cominciare, sono cresciuto come la maggior parte degli individui della mia età a pane e pallone.
Trascorrevo i pomeriggi nel giardino sotto casa con gli amici a giocare: alberi e cespugli fungevano da pali della porta, erba non ce n’era, bambini della mia età tanti perché eravamo della generazione del baby-boom.
Di pedofili non si parlava, ovviamente la mamma ogni tanto dava un’occhiata dalla finestra del salotto per controllare che tutto fosse a posto ma mandare i propri figli ai giardini da soli a giocare era cosa normale.
Non avrei potuto concepire modo migliore per passare il tempo libero.
La domenica era trascorsa seguendo le partite, il lunedì a parlarne con i compagni di scuola.
Chi teneva il Milan come me, chi l’Inter o la Juventus, c’era comunque rispetto per l’avversario e quando i giocatori dell’una o dell’altra squadra vestivano la maglia azzurra della nazionale il tifo era unificato.
Da milanista, ho sofferto gli anni cupi della serie B poi le gioie dei trionfi della fine anni ’80, ’90 e del nuovo millennio.
Ho trascorso pomeriggi e serate allo stadio a gridare, cantare, qualche volta imprecare.
Insomma, senza esasperazioni, ma l’ho vissuta per un bel po’.
Poi …